I luoghi di culto di Ateste si trovavano ai margini della città e, ad eccezione del santuario dedicato alla dea Reitia, erano tutti all’aperto. Si trattava di lotti di terreno che la comunità assegnava alla divinità perchè vi abitasse: essi erano delimitati da confini ben visibili, di norma segnalati da un muro.
Gli oggetti esposti provengono dai tre santuari periferici di Este antica, rispettivamente in località Caldevigo, Morlungo e Baratella.
Il santuario di Reitia, presso il fondo Baratella, ha restituito una grande varietà di doni votivi che testimoniano come esso, forse anche emporio , fu frequentato dal VI secolo a.C. fino all’età romana. Nella sala sono esposti soprattutto gli esemplari preromani di bronzetti di uomini, donne, guerrieri e cavalieri e le lamine figurate che rappresentano il popolo dei devoti che frequentavano il santuario di Reitia, quello più importante, ma anche gli altri luoghi di culto che circondavano l’antica Ateste e la proteggevano. Vanno ricordati anche gli oggetti personali e di uso quotidiano dedicati per il loro valore intrinseco, come ad esempio fibule e bracciali (armille ).
A Reitia venivano attribuiti anche poteri sananti: lo testimoniano i numerosi ex voto che riproducono varie parti del corpo umano, come ad esempio gambe, braccia e piedi.
Sempre dal fondo Baratella provengono le tavolette alfabetiche e gli stili in bronzo per la scrittura, che documentano l’insegnamento della scrittura all’interno del santuario.
Negli scavi degli altri due luoghi di culto furono rinvenute due stipi votive , ovvero depositi di offerte alle divinità, per lo più in bronzo. Nella stipe di Caldevigo (tra V e I secolo a.C.) erano contenuti dei modellini di punte di lancia che fanno pensare che il luogo di culto fosse frequentato da guerrieri. Il ritrovamento più interessante è la cosiddetta Dea di Caldevigo.
La “Dea di Caldevigo” rappresenta probabilmente una devota con le braccia aperte in gesto di preghiera rappresentata nel tipico costume locale: una gonna svasata con orlo ricamato, un cinturone a losanga e alti stivali con risvolti.
La stipe di Morlungo (tra IV e I secolo a.C.) può forse essere collegata ad un santuario dedicato ad una divinità protettrice della fecondità, come documentano alcuni ex voto che riproducono organi sessuali femminili e maschili.
Le informazioni che emergono da questa raccolta sono:
§ l’eleborazione di un alfabeto usato sin dal VI secolo a. C. per usi religiosi e funerari, aveva lo scopo di “far parlare” i doni fatti alle divinità e i monumenti funerari con i nomi dei dedicanti;
§ l’esistenza di una lingua chiamata venetica, di origine indoeuropea ;
§ l’esistenza di una sfera magica e rituale a cui si dedicavano i santuari, soprattutto quello centrale dedicato alla dea Reitia, protettrice della città e venerata in tutta la regione;
§ l’insegnamento della scrittura da parte delle classi sacerdotali;
§ l’accesso alle classi sacerdotali consentito anche alle donne.